di FEDERICA LUSIARDI - 2022-04-27
Sandra Mujinga, ‘Sentinels of Change’, 2021, 59° Biennale d’Arte di Venezia, vista dell’installazione. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.
Il Latte dei Sogni – 59° Biennale d’Arte. La mostra ai Giardini e all’Arsenale
E’ stata a lungo attesa la 59° Biennale d’Arte di Venezia che si è aperta al pubblico il 23 aprile; attesa perché rimandata a causa della pandemia e inevitabilmente affollata e colorata già nelle giornate di pre-apertura, durante le quali abbiamo pazientato in lunghe file per entrare nei Padiglioni Nazionali e nella mostra curata da Cecilia Alemani che si snoda fra il Padiglione Centrale dei Giardini e all’Arsenale.
Com’è noto la mostra ‘Il Latte dei Sogni‘ è ispirata all’antologia di racconti illustrati dell’artista surrealista britannica Leonora Carrington scritti negli anni ’50 del secolo scorso. Si tratta di racconti onirici e surreali, popolati da personaggi ibridi e a volte mostruosi, nei quali l’immaginazione e l’ironia sono usate come chiavi per reinventare la realtà, e dai quali emerge l’idea che ognuno può diventare altro da sé. E dunque, non potevamo che scoprire una mostra densa di suggestioni, una mostra fisica e materica nella quale sono soprattutto i corpi – mutanti, ibridi, frammentati, celebrati o trasfigurati – al centro delle indagini degli artisti. Opere che la curatrice ha selezionato in epoca pandemica attraverso l’occhio della videocamera, scrutando le opere negli atelier degli artisti a migliaia di chilometri di distanza. Le questioni pressanti del nostro tempo, come l’esperienza globale della pandemia con il conseguente distanziamento sociale e le paure alimentate dalla crisi sanitaria e ambientale sono state al centro delle conversazioni a distanza fra Cecilia Alemani e gli artisti, intrecciate a tematiche che dominano le scienze e le arti del nostro tempo, ovvero come sta cambiando la definizione di umano e quanto sia urgente mettere fine alla visione antropocentrica del mondo per costruire una nuova comunione con l’ambiente di cui siamo parte. Riflessioni che hanno delineato le tre grandi aree che “tengono insieme” le partecipazioni a questa mostra: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi, la relazione fra individui e tecnologia, la relazione fra i corpi e la Terra. Il Latte dei Sogni è un’esposizione inclusiva da molti punti di vista; nel percorso espositivo cinque capsule tematiche permettono di legare opere contemporanee e del passato, facendo emergere rimandi fra generazioni di artisti vissuti in epoche lontane fra loro. Per la prima volta in oltre 120 anni di storia della biennale, l’esposizione d’arte accoglie una maggioranza di artiste e persone non binarie fra gli espositori, una scelta consapevole che intende ridimensionare il ruolo maschile centrale nella storia dell’arte. Abbiamo selezionato alcune delle opere esposte, a iniziare dal Padiglione Centrale dei Giardini, per delineare una traccia, assolutamente soggettiva e opinabile, di ciò che si trova in mostra.
Mostra “Il Latte dei Sogni” – Padiglione Centrale ai Giardini della Biennale Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.
Katharina Fritsch (1956, Germania), Elefant, 1987, poliestere, legno, pittura.
Andra Ursuta (1979, Romania) Predators ‘R Us, 2020, cristallo al piombo. Le sculture perturbanti di Andra Ursuta nascono dall’assemblaggio di parti realizzate a partire da calchi del suo stesso corpo con oggetti di uso comune.
Rosemarie Trockel (1952, Germania), quadri in lana. I ‘quadri a maglia’ di Rosemarie Trockel, realizzati a macchina negli anni 80 e stesi come fossero dipinti, esprimono il coinvolgimento dell’arista nelle questioni relative al lavoro femminile e alla svalutazione del lavoro manuale.
Julia Phillips (1985, Germania), Veiled Purifier, 2021-2022, ceramica, acciaio inox, tessuto Nelle sue opere Julia Phillips levoca il corpo (assente) attraverso l’uso di dispositivi quali fibbie, cinghie e maschere che alludono al controllo del potere.
Hannah Levy (1991, USA), Untitled, 2021, acciaio nichelato e silicone. Hannah Levy rende alieni gli oggetti (strumenti medici, attrezzi per l’esercizio fisico) esagerando o distorcendone le proporzioni, recuperando dal Surrealismo il fascino per l’inquietante.
Jana Euler (1982, Germania), Venice Void, 2022, olio su tela Il lavoro di Euler è incentrato sulla rappresentazione grottesche e mostruose di figure umane e animali; i corpi sono rappresentati in modo distorto, quasi fumettistico.
Paula Rego (1935, Portogallo), Gluttony, 2019, dalla serie “I sette peccati capitali” cartapesta, gouache, legno, PVC, metallo, cotone, tulle e altri tipi di tessuto Facendo riferimento alle favole portoghesi e con rimandi autobiografici, le potenti scene domestiche rappresentate da Paula Rego ci parlano di rapporti umani e dell’esperienza femminile in un mondo di conflitti e sopraffazione.
Paula Rego, Sit (1994) e Sleeper (1994), pastelli su carta montati su alluminio.
Ulla Wiggen (1942, Svezia), dipinto dalla serie “Iris” acrilico su tela La serie Iris (2016, in corso) comprende decine di iridi realizzate con una raffinata tecnica pittorica che richiede molto tempo e grande perizia.
Birgit Jurgenssen (1949-2003, Austria), Senza titolo (1974), La lotta dei granchi del cocco (1972), Senza titolo (1979), matite colorate su carta fatta a mano.
Ambra Castagnetti (1993, Italia), Dependency, 2022, ceramica, acciaio.
Mostra “Il Latte dei Sogni” – Arsenale Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.
Simone Leigh (1967, USA), Brick House, 2019, bronzo. Simone Leigh ha vinto il Leone d’Oro per la migliore partecipazione internazionale alla 59° Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia “Il Latte dei Sogni”. Sullo sfondo, collografie di Belkis Ayón (1967-1999, Cuba).
Gabriel Chaile (1985, Argentina), Pedro Chaile, 2022, struttura metallica, argilla. Influenzato dalla cultura delle civiltà precolombiane, Chaile crea grandi oggetti dai tratti antropomorfi. Per ‘Il latte dei Sogni’ ha realizzato cinque grandi forni in terracotta. .
Niki de Saint Phalle (1930-2002, Francia-USA), Gwendolyn, 1966-1990, resina poliestere verniciata su base metallica.
Capsula del Tempo – Una foglia una zucca una guscio una rete una borsa una tracolla una bisaccia una bottiglia una pentola. Questa ‘capsula del tempo’ – che riunisce contributi di Ruth Asawa, Maria Bartuszova, Aletta Jacobs, Maruja Mallo, Maria Sibylla Merian, Sophie Tauber-Arp, Toshiko Takaezu, Bridget Tichenor e Tecla Tofano – prende spunto dal pensiero dell’antropologa Elizabeth Fisher, la quale ipotizza che la capacità di invenzione umana nasca dagli atti di raccolta e di cura. In questa micro mostra sono quindi raccolte opere che ruotano intorno al concetto di recipiente o di contenitore in varie forme: reti, borse, uova, ciotole…
Ruth Asawa (1926-2013, USA), da destra a sinistra. Untitled (1952), iron wire; Untitled (1958), brass wire; Untitled (1959), nickel-plated copper wire; Untitled (ca. 1960), copper wire; Untitled (1962), brass wire; and Unitled (1962), brass wire.
Maria Bartuszova (1936-1996, Cecoslovacchia), 1984-1986, opere in gesso
Maruja Mallo (1902-1995, Spagna), Naturaleza viva VII (1942), Naturaleza viva VIII (1942), e Naturaleza viva XIV (1943), olio su masonite.
Pinaree Sanpitak (1961, Tailandia), (in senso orario, dall’alto a sinistra) Offering Vessel II (2021) acrilico, carta su tela; Offering Vessel (2021) acrilico, carta su tela; Breast Vessel in the Reds (2021) acrylico, matita, piume su tela; Body Lyrics III (2019), acrilico su tela; The Body and the Gold Breast (2021), acrilico, foglia d’oro su tela. Pinaree Sanpitak dipinge grandi tele su cui delinea forme curvilinee che rimandano al corpo femminile.
Felipe Baeza (1987, Messico), Por caminos ignorados, por hendiduras secretas, por las misteriosas vetas de troncos recién cortados, 2020. Inchiostro, Flashe (pittura vinilica), acrilico, vernice, spago, tempera all’uovo, carta tagliata, collage su carta. Nelle opere materiche di Felipe Baeza sono raffigurate scene di metamorfosi, corpi umani in trasformazione fra l’umano e il vegetale.
Delcy Morelos (1967, Colombia), Earthly Paradise (2022). Tecnica mista, terra, argilla, cannella, chiodi di garofano in polvere, cacao in polvere, amido di manioca, tabacco, copaiba, bicarbonato di sodio e carbone in polvere. Nell’installazione all’Arsenale Morelos ci conduce in un labirinto di terra: le sue pareti profumate di spezie sembrano ammonirci e ricordarci che la natura è viva e che gli umani non possono disporne da una posizione ‘privilegiata’.
Solange Pessoa (1961, Brasile), Sonhiferas (2020), olio su tela.
Tau Lewis (1993 Canada), Vena Cava, 2021. Pelle riciclata, pittura acrilica, nylon rivestito e armatura in acciaio.
Igshaan Adams (1982, Sudafrica), Bonteheuwel / Epping, 2021, legno, legno dipinto, plastica, osso, pietra e perline di vetro, conchiglie, corda di poliestere e nylon, corda di cotone, catena a maglie, filo e spago di cotone. I grandi arazzi di Adams, realizzati con minuscoli frammenti di decine di materiali diversi, sono ispirati ai pattern dei pavimenti di case di amici e vicini a Città del Capo; a volte si tratta della ricostruzione di traiettorie che collegavano luoghi e comunità che il governo, in epoca di segregazione razziale, voleva tenere separate.
Capsula del Tempo – La seduzione del Cyborg
Louise Nevelson (1899-1988, Ucraina-USA), Homage to the Universe, 1968, legno dipinto di nero .
Lavinia Schulz (1896-1924, Germania) e Walter Holdt (1899-1824, Germania), costumi per danzatori, 1924. Danzatrice durante gli anni della Repubblica di Weimar, Schulz inventa un nuovo stile espressionista che rompe con le regole codificate. Con il marito Walter Holdt realizza costumi che trasformano i danzatori in opere d’arte ibride, ispirate alla natura e al regno animale.
Maria Vassilieff (1884-1957, Russia), Costume Arlequine per Bal Banal, 1924, stampa alla gelatina d’argento.
Tatsuo Ikeda (1928-2020, Giappone), (da sinistra a destra) Brahman: Chapter 3: Floating Sphere-2 (1977), Brahman: Chapter 3: Floating Sphere-6 (1978), and Brahman: Chapter 4: Helix Granular Movement-4 (1979), acrilico su carta.
Tishan Hsu (1951, USA), Breath, 2021, Stampa UV, silicone su legno. L’integrazione fra corpo umano e tecnologia è il fulcro delle opere di Tishan Hsu.I suoi lavori più recenti sono realizzati con tecniche di fabbricazione innovative e materiali tecnologici come il silicone e le resine alchidiche.
Sandra Mujinga (1989, Repubblica Democratica del Congo), Sentinels of Change, 2021, vista dell’installazione. Nell’installazione immersa in una alienante luce verde Mujinga ha disposto quattro figure ibride e mimetiche che sembrano essersi evolute per sopravvivere a una contemporaneità distopica.
Barbara Kruger (1945, USA), Senza Titolo (Beginning/Middle/End), 2022, stampa su vinile. installazione site specific
Precious Okoyomon (1993, Regno Unito), To See the Earth before the End of the World, 2022, installazione site specific.
copyright Inexhibit 2022 - ISSN: 2283-5474