Giovanni Ballarini 24 Settembre 2021 Etichette & Prodotti Commenti
Una volta si diceva che il buon caffè è la sintesi di tre ‘emme’: mano, macchina e miscela. Altri aggiungevano che il loro caffè – non diciamo chi per non suscitare polemiche – fosse migliore perché bisogna partire dall’acqua (e loro avevano quella giusta). L’importanza dell’acqua sul gusto – senza dimenticare quella della miscela e della macchina – oggi ha una base scientifica. Il liquido non svolge solo la funzione di solvente incolore, insapore e inodore, perché le sue caratteristiche fisiche e chimiche la tramutano in un ingrediente molto importante per la qualità finale.
A prima vista si potrebbe ritenere che quella migliore per fare una buona tazzina debba essere purissima, ultrafiltrata, distillata, deionizzata o oligominerale. Non è così. A questo punto bisogna premettere che per avere un buon caffè bisogna usare macchine in grado di garantire alte pressioni (dai nove ai 18 bar per la pompa e tra 0,9 e 1,0 la caldaia), con una temperatura che può andare da un minimo di 88°C fino a un massimo di 92°C e temperature limitate (al massimo 90°C), come avviene nei bar (e adesso anche nei modelli familiari che usano le capsule). In questo modo l’espresso riesce ad estrarre la giusta quantità di sostanze oleiche, aromatiche e body producer che realizzano la magia e consentono la formazione della crema.
Le caratteristiche di un’acqua per un buon caffè sono tre. L’assenza di cloro non solo per il sapore, ma anche perché i composti hanno un forte potere ossidante che si sviluppa soprattutto a caldo e agisce sui grassi e sulla formazione della crema. L’assenza di ammoniaca, composti solforati e ferruginosi e di odori derivati da alghe o muffe (i composti solforati, in particolare, incidono sulla percezione degli aromi di tipo floreale e di frutta, deprimendo quindi importanti caratteri sensoriali). Una durezza non elevata correlata soprattutto alla presenza di sali di calcio e magnesio.
Per un buon caffè non serve acqua distillata o demineralizzata perché le analisi sensoriali (aroma, sapore, persistenza, qualità e consistenza della schiuma, capacità di esaltazione delle caratteristiche organolettiche) sono molto influenzate soprattutto dalla presenza dei sali di calcio. Per questo motivo, un’elevata durezza migliora la qualità, anche perché il calcio conferisce corposità, e permette la formazione di una crema elastica e stabile. Il calcio, inoltre, favorisce la formazione di un reticolo proteico che, quando il caffè scende nella tazzina, ingloba grassi e colloidi glucidici formando la crema. In conclusione, un’acqua con poco o senza calcio, fornisce una tazzina con uno scarso sapore e poca crema. I migliori caffè si ottengono con acque mediamente dure, alcaline, parzialmente o totalmente prive di sali di magnesio dal sapore amaro.
Il calcio fa bene al caffè ma non altrettanto alle macchine che, a causa delle temperature elevate, favoriscono la formazione e la deposizione di sali all’interno riducendo le prestazioni fino a comprometterne il funzionamento. Per questo motivo i nuovi modelli dei bar usano filtri speciali che tolgono all’acqua le sostanze indesiderate (cloro ecc.) ed esercitano una protezione anticalcare
Ma allora quale acqua serve per una buona tazzina? Al bar bisogna affidarsi al proprio gusto, mentre a casa sia nel caso del caffè espresso o di quello preparato con la moka, è necessaria un’acqua con una discreta quantità di sali minerali, senza che la percezione gustativa arrivi all’amaro. Basterebbe quindi utilizzare quella dell’acquedotto correttamente filtrata, eliminando le impurità in sospensione, il cloro e riducendone in modo controllato la presenza dei sali minerali. Questo è possibile lasciando decantare l’acqua in un contenitore aperto, in frigorifero, in modo da far scomparire il cloro. In alternativa si può usare una bottiglia di acqua oligominerale non gasata con un discreto residuo fisso indicato in etichetta (inferiore comunque a 500 mg/l).
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Ad esempio, l’acqua di acquedotto filtrata con la brocca della brita può andare bene? Devo lasciarla decantare lo stesso, anche se si sente di base la differenza tra prima e dopo il filtraggio?
Esistono dei test semplici casalinghi per verificare la durezza?
Guarda caso sono uno di quelli che dice di avere l’acqua giusta. E, dalla vostra descrizione, siamo in perfetta armonia con le moderne scoperte. Forse un pò di ragione l’avevamo. Naturalmente, per noi, la fredda e cruda scienza non basta per fare un buon caffè. Ma questo è un altro discorso.
Oggi le “emme” del caffé sono diventate 5 aggiungendosi macinatura e manutenzione (nel senso di pulizia delle macchina; ebbene sì: la macchina va pulita sempre sia che si tratti di una macchina da espresso professionale che di una cara moka casalinga), a mio avviso, però, per fare un buon caffé (o meglio dovrei dire per estrarre un buon espresso o una buona moka o un buon filtro o una buona French press ecc. ecc) ci vuole … un buon caffé (la materia prima) quindi prendiamolo direttamente dalle tante torrefazioni artigianali presenti nelle nostre città. Ad ogni modo l’articolo è interessante e tocca un argomento poco conosciuto anche in ambito professionale.
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